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Giada Chervantin

Giada Chervantin, classe '91, è una Designer che spazia dal light design, all’interior design e alla grafica. E ci riesce molto bene. Sebbene giovanissima vanta già un curriculum di tutto rispetto. La sua tesi di laurea, il progetto Amalia, è stato realizzato e commercializzato da un leader del settore, Italamp. Sin da bambina sviluppa un particolar interesse per l’arte e l’architettura e crescendo capisce di avere il desiderio di tradurre la creatività in qualcosa di tangibile e alla portata di tutti senza tralasciare la poesia e la magia del gesto.
C’è stato un designer in particolare che ti ha colpito ed invogliato ad intraprendere questa strada? Se così non fosse, ci sono designers da cui trai ispirazione per il tuo lavoro?
Ho sempre apprezzato ed ammirato la pulizia del design giapponese, in particolare sono affascinata dalle linee poetiche, quasi mistiche, dei progetti di Tokujin Yoshioka (la sua installazione “Rainbow Church” e la bottiglia “Moon Fragment” per Cartier hanno avuto un ruolo importante nell’ispirazione del progetto “Amalia”).
Amo lo stile orientale anche nell’architettura, in particolare mi piacciono moltissimo le curve morbide di Kengo Kuma ed il minimalismo materico di Tadao Ando.
Come definiresti la tua filosofia progettuale e quali sono le principali fonti da cui trai ispirazione per i tuoi lavori?
Anche se, come dicevo, ammiro la pulizia formale ed espressiva dei giapponesi i miei progetti hanno certamente una vena più giocosa ed ironica, mi piace pensare di poter disegnare qualcosa di aggraziato ma allo stesso tempo curioso e leggermente fuori dagli schemi. L’ispirazione arriva dai mondi più disparati, spesso basta sfogliare una rivista per restare colpiti da un forma o da un colore, altre volte invece il processo è più lungo e complesso ed occorre andare a “costruire” l’idea cercando di capire cosa hanno fatto gli altri prima di te.
Come descriveresti il processo creativo per la realizzazione dei tuoi lavori?
Quasi sempre i miei lavori partono da un brief preciso da parte dell’azienda committente. Si studiano le esigenze del mercato e le mosse dei diretti concorrenti, le tendenze di materiali, di colori e di finiture e si cerca di indovinare un oggetto che si collochi nella giusta posizione tra innovazione ed esigenza del target. A volte capita di ispirarsi al passato, in particolare mi piace mescolare elementi moderni con stilemi decorativi di epoche barocche e Art Nouveau.
Quanto influisce nei tuoi lavori la quotidianità e ciò che ti circonda? E guardando al tuo background, alla realtà dove sei cresciuto/a, riscontri delle influenze nel tuo lavoro?
Cerco in parte di svincolarmi dal concetto di background perché, proprio lavorando al progetto “Amalia” mi sono resa conto che ogni cultura porta con se degli stilemi e dei “preconcetti” differenti.
Per la tesi eravamo un gruppo internazionale: una ragazza tedesca, una russa, un tailandese ed una italiana, questo faceva sì che ogni concetto venisse visto in 4 modi completamente differenti (un “letto” è sempre un posto per dormire ma vi assicuro che tra l’immagine di “letto” che aveva Franziska – nata e cresciuta a Monaco di Baviera – e quella che poteva avere Veekrit – nato e cresciuto a Bangkok di differenze ce n’era parecchia). Da questa esperienza ho imparato che un grandissimo valore, nella progettazione, è dato dalla possibilità di viaggiare e conoscere differenti culture, senza però dimenticare che viviamo nel paese più bello del mondo, culla delle arti e sinonimo di qualità in tutto il mondo.
Abbiamo parlato d’ispirazione, ma oltre a questa c’è anche la “destinazione”: c’è un pubblico ideale, un target di riferimento a cui fai riferimento?
Quando studiavo in IED un mio professore del primo anno scrisse una frase che mi colpì: “Da grande voglio disegnare i miei giocattoli”. Ecco, questa secondo me dovrebbe un po’ essere l’essenza di ciò che ci spinge a progettare, disegnare cioè qualcosa che arricchisca le giornate del nostro target regalando un sorriso oltre alla funzione.
Secondo te come si è evoluto il linguaggio del design e quali sono le tendenze ad oggi più interessanti?
Il design ha certamente assunto una connotazione più accessibile anche grazie alla diffusione dei makers e di alcune “mode” che fanno della stile e della cura al dettaglio un perno fondamentale.
A livello stilistico noto un ritorno alla decorazione, dopo anni di minimalismo oggi si torno ad apprezzare cose come l’incisione a mano e i pattern grafici.
Quali sono, secondo te le figure professionali del futuro in ambito del design?
Anche il mondo del design subisce le influenze della digitalizzazione e delle commistioni tra i vari mondi, gli oggetti sono sempre più difficili da inserire in una sola categoria, allo stesso modo il designer deve sapersi muovere fra i vari mondi. Il progettista di oggi (e di domani) deve essere in grado di disegnare un prodotto, la sua interfaccia, il suo lancio suoi social ed autoprodursi il prototipo…inutile arroccarsi nella figura del creativo tutta “genio e sregolatezza” serve concretezza e senso pratico.
Secondo te Internet e i social network aiutano o complicano la vita dei designer?
Sono il presente ed il futuro nella quotidianità di ognuno, designer compresi, inutile quindi giudicarli.
L’unica possibilità è quella di adeguarsi ai loro velocissimi mutamenti ed essere sul pezzo sfruttandone i vantaggi che offrono come quello di accorciare le distanze con l’utente e riceverne un feedback diretto e senza filtri.
Parlaci del progetto Amalia.
Amalia nasce dal desiderio (un po’ pretenzioso) di cambiare la percezione comune dei cristalli Swarovski: da qualcosa di estremamente legato al mondo del fashion e della decorazione noi volevamo portare l’utente ad apprezzare questo materiale per i suoi componenti naturali e le sue origini.
Ne è nato un corpo illuminante che tratta la luce come un materiale e non come un effetto e che utilizza i cristalli per rievocare l’acqua purissima (ovvero il componente fondamentale per la loro creazione e realizzazione).
Io ed i miei compagni volevamo creare una lampada che desse delle sensazioni ed interagisse con l’utente, non che assolvesse solamente la funzione di illuminare ed abbellire un ambiente, da qui l’idea di introdurre un lento movimento cinetico che culla l’osservatore e crea effetti ottici sempre differenti.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Attualmente lavoro come libera professionista affiancando Italamp, l’azienda produttrice di luce che acquistato e commercializzato il progetto Amalia, insieme stiamo lavorando agli allestimenti di Euroluce 2017 dove presenteremo una nuova collezione ed un progetto molto ambizioso sviluppato insieme ad un architetto di fama internazionale.
Sono affascinata dal mondo della comunicazione, che ritengo parte integrante del processo di creazione, quindi, insieme ad un’amica e collega, la giornalista Anna Ferrarese, porto anche avanti progetti di comunicazione integrata per diverse realtà commerciali. Che si tratti di prodotti o di immagine, dunque, il mio progetto per il futuro è quello di continuare a raccontare storie attraverso tutti gli strumenti che conosco.
Alessandra Mazzoli
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